“Prego signora, vuole il mio posto?”

“Posso aiutarla?”

“Sei bellissima, trasudi felicità!”

“No no, cara, tranquilla, non muoverti, ci penso io ai piatti!”

Quello della gravidanza è il periodo in cui una donna riceve più complimenti e attenzioni che in tutto il resto della sua vita. Non voglio fare delle bieche generalizzazioni, ma pensiamoci: in quale altra occasione ci può venire offerto il posto in un affollatissimo vagone di un treno nell’ora di punta? E quando riceviamo così tanti complimenti rispetto alla nostra forma fisica, il nostro aspetto, il nostro viso, convincendoci che brilliamo di luce propria anche al mattino appena sveglie? Le nostre caviglie gonfie e il nostro andamento un po’ goffo, impacciato sotto il peso di un pancione di otto o nove mesi, fanno stringere il cuore ai passanti e stimolano continue proposte di aiuto sotto il coro onnipresente di “awww” che accompagna ogni nostro passo. Siamo il centro dell’attenzione, siamo le principesse da tutti coccolate, abbiamo la completa attenzione di amici, familiari e parenti. Non dormiamo, dobbiamo fare pipì ogni minuto, il mal di schiena ci tormenta, ma ovunque ci giriamo ci ritroviamo circondate di gente pronte ad aiutarci e, quando questo non è possibile, pronte a tenerci la mano.

Nove mesi + 1 giorno. Il bambino è nato. Siamo stravolte, ma al settimo cielo. Possiamo addirittura vedere i nostri piedi! Distrutte accogliamo l’orda di parenti che viene a farci visita, ma ora che il bambino è venuto al mondo e può passare tra le braccia di zie e cugini, ci accorgiamo che qualche cosa è cambiato. Le visite sono sia per la mamma che per il bambino, ma i complimenti vengono fatti per lo più al nuovo arrivato. I commenti che ci rivolgono non sono più “sei radiosa” ma assomigliano molto a “tranquilla cara, butterai giù tutti i chili di troppo” oppure “ma non l’hai ancora attaccato al seno? Che aspetti a farlo?” o ancora “guarda come è tutto giallo! Lo dicevo io che mangiavi troppe carote in gravidanza!”.

Tutto ad un tratto i riflettori che ci hanno illuminato per nove mesi, ci vengono strappati via e vengono puntati diritti sul bambino e, dopo mesi di coccole e attenzioni (a cui, diciamolo, ci si abitua velocemente), cadiamo in un tunnel di consigli, commenti, frecciatine neanche tanto velate, che non fanno altro che confonderci e farci sentire in difetto. I parenti diventano esperti di puericultura e allattamento e, soprattutto, diventano onnipresenti: visite continue, sempre a voler prendere in braccio il piccolo (spesso anche se sta dormendo),  deliri di onnipotenza e automatica svalutazione dei genitori (“oh, dai a me che lo faccio smettere di piangere io!”).

Come si fa a dire loro che in questo momento si è stanchissimi e che se il bambino sta piangendo, è probabile che voi le abbiate già provate tutte per farlo addormentare? Come fare a dire che non avete bisogno di aiuto nel coccolare il vostro piccolo, lo fate volentieri voi, ma che avreste molto più bisogno di un aiuto per fare la spesa, preparare pranzo e cena, riordinare la casa,… Come spiegare loro che, forse, il bambino non smetteva di piangere perché eravate agitate dopo notti insonne e segregazione forzata nelle quattro mura di casa vostra, e che vedere che in braccio al primo parente che passa smette di piangere vi fa sentire delle mamme cattive e indegne? Come spiegare loro che è soprattutto adesso che avete bisogno di coccole e aiuto?

Ovviamente ogni situazione merita un’attenzione particolare e, come ho detto all’inizio, non vorrei generalizzare eccessivamente: esistono anche parenti meravigliosi, che si presentano con vaschette di cibo pronto per essere congelato e che non citofonano per non svegliare il piccolo ma mandano un discreto messaggio aspettando che voi apriate loro il cancello. Ma se così non fosse, permettetemi di darvi qualche consiglio:

1La coppia è la vostra migliore difesa! Ecco qui che il papà si deve mettere la sua uniforme da super eroe e, “infischiandosene” del possibile risentimento altrui protegge a spada tratta la privacy e il riposo della sua nuova famiglia. Anzi, è proprio lui che potrebbe dividere i compiti ai parenti: uno per la spesa, uno per il pranzo,…non abbiate paura di chiedere. Difendete, piuttosto, la serenità di mamma e figlio, e anche la vostra di papà. Niente è più importante in questo momento (e in nessun altro, ma rischio ancora di generalizzare).

2– Se non vi è la possibilità di affidarsi a un super papà, alleatevi con un parente o amico/a abbastanza empatica che capisca la situazione e vi aiuti e protegga. Non solo, parlate apertamente, dite le cose come stanno. Se non avete voglia di ricevere visite, non le ricevete e rimandate gentilmente l’incontro a un altro giorno. Non abbiate paura. Non siate timide o troppo educate. Non tenetevi tutto dentro. Prima di tutto viene la vostra serenità e quella del bambino. Chiedete aiuto a chi può davvero aiutarvi. Circondatevi di persone fidate.

3– Per diminuire il numero delle visite potete creare un sito apposito, dove caricare le ultime foto del vostro pargolo. In questo modo zie e parenti saranno sempre aggiornati e potranno interagire con voi, senza per questo essere sempre presenti.

4– In un mondo perfetto, il modo migliore per proteggere la nuova famiglia da fastidiose invasioni ed, anzi, aiutarla in questo momento così delicato, è che parenti e amici sappiano già cosa fare, abbiano un occhio di riguardo nei vostri confronti e siano abbastanza empatici per capire i vostri bisogni. A tal proposito, ho trovato in internet questo simpatico “vademecum” per parenti. Non so chi sia l’autore (se lo sapete voi, ditemelo che aggiungo il nome) ma mi sembra adatto a questo post, perciò ve lo propongo perché, non mi stancherò mai di ripeterlo: la vostra serenità, di mamma, papà e bambino, viene al primo posto.

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Credits: foto titolo, foto copertina

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