Un papà. Un figlio. Un muro.
Come è possibile che quel bambino tanto sorridente e giocherellone, che chiedeva sempre di te, che voleva che lo guardassi, che pendeva dalle tue labbra, che ti chiamava forte se qualche cosa lo spaventava…come è possibile che il tuo fan numero uno, d’un tratto diventi un adolescente pigro, maleducato, riservato, giudicante, e così lontano da te?
Questo libro parla sì, di una relazione padre e figlio, ma soprattutto parla di quel muro che negli anni, fin dalla loro nascita (quando nasce un figlio, nasce anche un padre!) entrambi hanno inconsapevolmente costruito tra di loro.
E quindi eccolo, in tutto il suo splendore, il famigerato muro che divide il mondo adolescente dal mondo degli adulti. Eccolo spiegato nei dettagli, attraverso il monologo interiore del padre, come se si fosse destato dalla routine dell’infanzia, e facendo dei passi indietro, con ancora la pialla e il mattone in mano, si fosse reso conto di ciò che aveva davanti: un muro insormontabile, con pochissime fessure, tra cui intravedere suo figlio, il suo bambino, un ragazzo che si accorge di non riuscire più a scorgere bene, di non riuscire più a conoscere e capire.
Cosa pensa davvero un papà? Cosa si cela dietro i rimproveri o i permessi? Un padre si interessa davvero del figlio? Un padre ama ancora il figlio, nonostante la sfida continua che un adolescente ti costringe a vivere?
La risposta è “sì”, ma non solo. La risposta è “sì, ma è difficilissimo!”
Il papà che scrive è un papà come molti altri. Questo è il punto di forza del libro, a mio parere: è facile immedesimarsi con lui, con i suoi pensieri, con le sue emozioni (rabbia, scoraggiamento, preoccupazione,…). Fa tenerezza il modo in cui cerca disperatamente di comprendere il figlio, e il modo in cui ammette con rammarico i propri errori come padre. CI intenerisce e lo comprendiamo e, in un certo senso, comprendiamo anche noi stessi, la nostra umanità e fallibilità. E paradossalmente ci sentiamo capiti da lui, perché anche noi stiamo sbagliando, anche noi spesso proviamo sentimenti contrastanti per i nostri figli (qualsiasi età essi abbiano) anche noi, allora, possiamo essere umani, perché non siamo gli unici a sbagliare a non sapere cosa fare. E la cosa ci solleva.
Altro punto di forza è la schiettezza e la sincerità. I pensieri non sono in alcun modo addolciti o censurati. Vengono dette tante cose, anche crude e a volte inopportune, ma vengono dette. Serra ha il coraggio di scriverle nero su bianco, senza far finta che non vengano pensate. E anche questo ci fa sentire meno colpevoli quando anche noi pensiamo a queste cose. Queste cose di cui ci vergogniamo e non vorremmo mai pensare, perché “non è giusto”, perché “il genitore ama sempre incondizionatamente suo figlio”, perché “il genitore non può pensare queste cose”. E invece sì, le pensa.
Ammetterlo e accettarlo è il passo fondamentale per accettarci come persone, uomini e donne, e non esseri perfetti. Ma soprattutto accettare ed essere consapevoli dei propri pensieri e delle proprie emozioni ci permette di non buttare fuori quelle stesse emozioni in modo inconsapevole, ferendo con la nostra rabbia (che non vorremmo provare) l’altro, senza accorgerci e senza modo di gestirci e fermarci.
Alla fine, da quelle rare e sottili fessure, si scoprirà che entrambi, sia padre che figlio, dopo aver costruito il muro, in realtà si cercano e stanno già incominciando a smantellarlo, mattone dopo mattone. Ma ci vorrà tempo. Serviranno ancora tante esperienze e bocconi amari da mandar giù. Uno dovrà permettere all’altro di crescere, fare le sue scoperte, i suoi errori. L’altro dovrà accettare la fallibilità dell’essere umano, tra cui rientra anche suo padre. Entrambi dovranno trovare un modo alternativo di comunicare, di farsi conoscere per come sono diventai o per come sono realmente.
Una grande avventura quella dell’avere un figlio adolescente. Un0avventura di cui una minima parte la si può vivere attraverso questo libro.
Buona lettura a tutti.
Piaciuto?
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