Quante volte abbiamo sentito dire questa frase, o qualche sua variante (‘non ci sono più i figli/ragazzi di una volta‘) e quante volte lo abbiamo pensato vedendo genitori inerti davanti agli assordanti capricci dei loro pargoli, che spesso rendono ancora più insopportabile la coda alle poste o in qualche supermercato? L’occhiata fulminea del papà di altri tempi che con una sola alzata del sopracciglio smorzava sul nascere ogni principio di lamentela, sia essa giustificata o no, ci pare, in queste occasioni, un lontano miraggio. Ma come mai è successo tutto questo? Cos’è capitato per far sì che i nostri figli diventassero di colpo dei mostriciattoli insoddisfatti e viziati e noi dei genitori incapaci e succubi di piccole o grandi pesti allo sbaraglio?

Tranquilli, non ho intenzione di fare una reprimenda per quei genitori che vengono sopraffatti dai propri figli. Sarebbe troppo semplice finirla qua dicendo ‘sono dei cattivi genitori e per questo cresceranno dei cattivi bambini‘. No, io non lo credo. Credo, anzi, alla sacralità del motto che ‘fare il genitore sia il mestiere più difficile al mondo‘ e lo credo soprattutto di questi tempi.

Anni fa vi era una mentalità molto diversa rispetto a quella attuale che recitava più o meno così: ‘se non fai come dicono i grandi le conseguenze saranno umilianti e/o dolorose’ e per questo era abbastanza facile ai tempi far rispettare le regole, soprattutto per il clima di terrore che aleggiava nell’aria quando si faceva qualche cosa di sbagliato: a scuola ti aspettava la maestra che aveva dalla sua metodi punitivi sia fisici (pensiamo alle famose bacchettate sulle mani) che psicologici (le classiche orecchie da asino), e stessa cosa, anche se con mezzi diversi, avveniva in casa. E chi trasgrediva lì? Era ovvio che a determinati comportamenti seguivano brutte conseguenze. Ma questo ha fatto sì che quei bambini, una volta adulti, diventassero dei cittadini modello? Quei bambini crescendo sono diventati adulti felici e realizzati? Non necessariamente, anzi. Certo, c’era più rispetto da parte dei bambini, ma era un rispetto dovuto al timore, ed infatti, una volta cresciuti e diventati in grado di guardare dritto negli occhi il proprio adulto di riferimento, molti di quegli stessi bambini erano talmente arrabbiati che hanno fatto una vera e propria rivoluzione (pensiamo agli anni ’60 e ’70) ribaltando l’idea comune di ‘educazione‘. Sono stati, così, stravolti i ruoli genitoriali e istituzionali in genere ed educare, tutto ad un tratto, non è più risultato così semplice. Ai maestri sono state tolte la bacchetta e le orecchie da asino e ai genitori è stata tolta la ‘sberla facile’ ed è stata introdotta la manifestazione di sentimenti, cosa che prima non avveniva se non di rado (pensiamo all’idea dominante di altri tempi del ‘baciare i propri figli solo quando stanno dormendo‘). La rivoluzione dei ‘figli dei fiori‘ che si sono ribellati all’autorità in generale e a quella genitoriale nello specifico, e di tutte le ricerche pedagogiche di quei tempi, han fatto sì che da quel momento in poi per educare un bambino lo si doveva fare approcciandosi a lui disarmato, mettendosi in gioco in prima persona, mostrandosi nella propria autenticità e conquistando la fiducia del piccolo con pazienza e con l’esempio. Molto diverso da una bacchettata sulle mani! Quindi, la rivoluzione è stata fatta, ma comunque c’è qualche cosa che ancora non va. Perché i bambini continuano a fare i capricci se noi genitori gli diamo ora tutto l’affetto e la comprensione che cercano? Beh, perché purtroppo i rivoluzionari si sono dimenticati di allegare il nuovo manuale d’istruzione dell’educatore perfetto. Quella generazione di bambini sottoposti all’autorità severa degli adulti, una volta ribellati, si sono trovati con molte buone intenzioni, ma senza un esempio da seguire. Nessuno ha detto loro come fare a crescere un figlio in questa nuova ottica. E chiedere consiglio ai propri genitori, da cui si è fatto così tanto per prendere le distanze, è fuori questione o francamente inutile/umiliante. E così si arriva ai giorni nostri, con i professori che non sanno più che pesci pigliare e genitori che si fanno tiranneggiare dalla loro viziata prole, mentre i signori di una certa età guardano il tutto scuotendo, sconsolati, il capo e borbottando vuote e scontate frasi.

O tempora, o mores‘ affermava Cicerone già un po’ di tempo fa.

Fare il genitore è sempre stato difficile (certo, anche essere figlio non è la cosa più facile al mondo), ma farlo adesso è davvero un’impresa, perché si ha paura e si ha una nuova consapevolezza e idea dei nostri figli. Il valore stesso dei figli è diverso: nulla più è dovuto automaticamente ai genitori per il solo fatto di averli messi al mondo. Ora si ha paura di perdere il loro affetto, di rimanere da soli, di essere odiati da loro, di farli crescere con la stessa rabbia che contraddistingueva gli adulti di un tempo o di fare gli stessi errori dei propri genitori. Ma come si fa allora? Da chi possiamo prendere spunto per raggiungere la giusta distanza dai nostri figli, in modo da non essere né un gerarca autoritario, né un amico da sopraffare? Come educare i nostri figli in modo che diventino adulti realizzati, coscienziosi e rispettosi?

Mi spiace, ma non c’è una risposta pronta a questa domanda, sia perché ogni situazione è differente dalle altre, con le proprie risorse e limiti, sia perché sono proprio queste le generazioni che stanno iniziando a sperimentare la nuova concezione di educazione e, come in ogni processo, durante la fase iniziale si va un po’ per prove ed errori. Ma questo non vuol dire che non vi siano aspetti da poter migliorare e che possono aiutare, come, ad esempio, lavorare sulla comunicazione, capire i nostri bisogni e quelli dei figli,…col tempo pubblicherò articoli anche in merito a questi aspetti, ma per ora una cosa mi preme sottolineare: si possono fare molti sbagli, anzi, è umano farli. La cosa veramente importante è, prima o poi, riconoscerli e, appena ci è possibile, rimediare.

 

Credits: Foto font

Piaciuto?

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